Da alcuni notti viene a farmi visita Fallimento, uno dei miei tre Arcidemoni. Gli altri sono Paura e Solitudine. Li chiamo Arcidemoni quando si manifestano nella loro forma più tremenda di sensazioni assolute, prive di ogni limite, che non lasciano scampo o appiglio. Si può solo star fermi ad aspettare che passino, che se ne vadano da soli una volta sazi di aver infierito abbastanza sulla mia povera anima.
Con Paura ci conosciamo da sempre, praticamente è nata con me, è quasi una sorella gemella.
Quando mi assale nella sua forma arcidemoniaca, mi sento come un bambino spaventato che cerca la mamma: rannicchiato in posizione fetale, sono vulnerabile e fragile, abbandonato nelle mani dell’orco, senza nessuno che si occupi di me o mi protegga.
Anche con Solitudine ci frequentiamo da molto tempo, mi accompagna fin dai primi anni dell’infanzia.
Quando mi assale nella sua forma arcidemoniaca, mi sembra di annegare nel vuoto, come un astronauta che va alla deriva nello spazio, ma uno spazio senza stelle, senza pianeti, senza niente, solo compatta ed opprimente tenebra. Naufrago nel nulla assoluto.
Fallimento è l’ultimo arrivato. È comprensibile: Fallimento non trova terreno fertile nell’infanzia e nell’adolescenza, prospera invece nell’età adulta, con le sue responsabilità, i suoi obblighi, le sue aspettative.
Quando mi assale nella sua forma arcidemoniaca, mi sento semplicemente inutile, superfluo come la polvere su un mobile. La mia esistenza mi sembra senza senso, senza significato, priva di sbocchi, di prospettive.
Se negli inferi del mio spirito dimorano questi Arcidemoni, da qualche parte si troveranno pure degli Arcangeli?