Se non ricordo male (e potrei ricordare male, dato che son passati tanti anni da quando l’ho letto) nel Sutra del Loto il Buddha predice ad alcuni degli illustri e saggi personaggi accorsi ad ascoltarlo che anch’essi raggiungeranno il risveglio e diventeranno dei Buddha trascorsi quattro milioni di miliardi di anni (sparo un numero a caso, ma mi pare di ricordare fosse una cifra altissima). Gli interessati giubilano alla rivelazione. Un occidentale, allevato dalla cultura del fast-food, riterrebbe le parole del Buddha una presa in giro, considererebbe quattro milioni di miliardi di anni sinonimo di mai. Gli illustri monaci e bodhisattva del Sutra del Loto, invece, reagiscono con somma gioia, probabilmente perché sanno, nella loro profonda saggezza, che quattro milioni di miliardi di anni per diventare un Buddha sono persino pochi e vale la pena aspettare.
Dovrei davvero imparare la loro pazienza, mi tornerebbe utile per stare tra le scimmie umane nel loro stupido mondo. Magari tra quattro milioni di miliardi di anni saranno capaci di creare un mondo che non sia folle e disumano. In fondo qualche progresso l’hanno già fatto: sono più puliti, si lavano di più, riescono a curare o almeno a tenere sotto controllo malattie che nel passato li decimavano, sono un po’ più civili, si indignano di più per soprusi ed ingiustizie. Certo, sono lenti, lentissimi, più che scimmie sono lumache. Però forse tra quattro milioni di miliardi di anni capiranno, vedranno quello che io già vedo. Nel frattempo, purtroppo, a me toccheranno innumerevoli pene e sofferenze, straniero in terra straniera, sperduto su una palla di merda che mi soffoca, in un manicomio che non comprendo.
Insomma, se sei un chiodo nel paese dei martelli ti toccano un sacco di botte sulla testa. Ora, ho capito che magari tra quattro milioni di miliardi di anni tutti i martelli saranno diventati chiodi, però io intanto mi sarò beccato quattro milioni di miliardi di anni di martellate sulla testa. Permettete almeno che mi girino un po’ i coglioni.
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